San Salvatore e quello smacco di Papa Gregorio IX a Federico II

San Salvatore e quello smacco di Papa Gregorio IX a Federico II

Maggio 1231, con un diploma imperiale Federico II consente la trasformazione del monastero di San Salvatore al Monte Amiata, sino ad allora benedettino, in un’abbazia cistercense. Solo da quel momento la volontà del Papa Gregorio IX potrà considerarsi esaudita. Ma perché questo avvicendamento in un’abbazia che era stata benedettina sin dalla sua fondazione?

Facciamo un passo indietro. Siamo negli anni ’90 del XII secolo e l’abbazia gode di uno dei momenti più alti della sua storia. L’abate Rolando della famiglia dei Tignosi, nobili locali, si trova alla guida di San Salvatore nel pieno della sua fioritura spirituale, culturale ed economica. Eppure, come alcuni storici hanno osservato, probabilmente è proprio in questo periodo che si innesca per l’abbazia un meccanismo perverso che la condurrà nel giro di pochi anni ad una grave crisi sotto ogni punto di vista.

Alcuni monaci, appartenenti alle famiglie nobili circostanti, costringono l’abbazia a contrarre ingenti debiti, guarda caso, proprio con le famiglie cui essi appartengono. Queste praticano vere e proprie condizioni di usura e ben presto l’abbazia non è più in grado di pagare il dovuto. Ma accade anche che vengano intavolate con l’abbazia trattative per la compravendita di immobili e terreni a prezzi spropositati. Le nobili famiglie, desiderose di accrescere la propria ricchezza e potenza economica, spogliano progressivamente il monastero dei suoi beni più preziosi. Pegni e donazioni di grandissimo pregio ceduti ai creditori che non si fanno alcuno scrupolo a sottostimarne l’effettivo valore.

Un esempio? Maggio 1208: proprio la famiglia dei Tignosi, riesce a farsi acquistare da parte dell’abbazia diritti che possedeva su Monticello alla ragguardevole cifra di 230 lire.

Ma nell’abbazia non tutti i monaci assumono simili comportamenti. Alcuni si oppongono e la fazione di coloro che vogliono riportare il monastero sulla via della fede riesce ad ottenere perfino l’elezione di un suo rappresentante come abate: Galgano. L’abate Galgano non esita a denunciare il malcostume a Papa Onorio III, il quale gli garantisce il proprio appoggio e, oltre ad annullare tutti gli impegni che l’abbazia ha contratto a condizioni d’usura, gli fornisce un proprio aiuto nell’allontanare tutti quei monaci che, adottando comportamenti scellerati, hanno spinto il monastero fin sull’orlo della rovina. Ma proprio nel pieno di questa battaglia interna, Galgano muore.

Si sa che le vecchie abitudini sono dure a morire e nel giro di pochi anni l’abbazia è di nuovo preda dei soliti problemi. Negli scritti di uno dei più importanti storici sulla vita del monastero, Wilhelm Kurze, il pensiero di Papa Gregorio IX è riportato fedelmente: “In San Salvatore, che come una vigna straordinaria aveva prodotto fiori e frutti di grande valore, i monaci vivevano come parassiti fuori del monastero, non rispettavano le regole della vita monastica e miravano rivoltosamente al disfacimento dell’abbazia”. 

Gregorio IX vuole introdurre la riforma all’interno di San Salvatore e per farlo non può che sostituire i benedettini con un ordine più attento alla rigida osservanza della regola di San Benedetto: i Cistercensi. Nel 1228, senza troppe esitazioni, procede in tal senso.

C’è un problema però che il Papa, probabilmente in modo malizioso, non ha preso in considerazione: l’abbazia è storicamente un’abbazia imperiale e Federico II, imperatore del Sacro romano impero, non è stato consultato. Uno smacco intollerabile. Non bastasse questo, l’ordine che Gregorio IX ha scelto per sostituire i benedettini ha nei propri statuti il divieto da parte dell’abate di prestare giuramento di fedeltà all’imperatore. 

Per tutta risposta, Federico II vieta ai vassalli del monastero di prestare giuramento al nuovo abate e a poco servono le lusinghe di Gregorio IX rispetto al pericolo di mettersi contro l’imperatore. Solo quando Federico II si vedrà garantito il fatto che il monastero continuerà a riconoscergli i diritti imperiali e l’abate, pur contravvenendo agli statuti cistercensi, accetterà di divenire suo vassallo e prestargli giuramento, acconsentirà alla trasformazione di San Salvatore in un’abbazia cistercense e ciò non avverrà che tre anni più tardi: nel 1231.